<I>A Case Study for Cinematic Adaptation: </I>Jindabyne<I> by Ray Lawrence</I>
DOI:
https://doi.org/10.15160/1826-803X/753Abstract
Lo scopo del presente articolo è quello di individuare le modalità in base alle quali il regista australiano Ray Lawrence ha adattato sullo schermo So Much Water So Close to Home, uno dei racconti di Raymond Carver più frequentemente antologizzati. Tramite un confronto ravvicinato con la sua matrice testuale, si può osservare, nello specifico, come il film di Lawrence – Jindabyne (2006) – ricrei ed elabori le componenti della storia redatta da Carver, dotandole al contempo di significati sconosciuti all’originale. L’analisi intrapresa tende dunque a focalizzare l’attenzione sui livelli semantici del film, e soprattutto sulla sua possibile lettura in chiave postcoloniale. Pur sembrando una riproduzione piuttosto fedele delle articolazioni di superficie di So Much Water So Close to Home, il film si costituisce infatti come un prodotto autonomo rispetto alla fonte narrativa, della quale altera le implicazioni connotative sia sul piano diegetico che su quello prettamente simbolico. In questo senso Lawrence dimostra di sfruttare appieno le potenzialità del mezzo filmico per affrontare, comunicandone la complessità allo spettatore, tematiche concernenti il rapporto tra la comunità dei bianchi e la popolazione aborigena. Ciò che infine emerge è che la traduzione intersemiotica realizzata dal regista produce livelli semantici nuovi e illuminanti, per mezzo dei quali viene trasmesso al pubblico un messaggio improntato ai temi della tolleranza e del rispetto tra culture.